Il Congresso europeo 2009 di Wonca, specchio della complessità?

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Laura Frosali
Medicina generale, Milano

WONCA 2009: 4 giorni, 558 poster, 300 relazioni orali, 50 sessioni, migliaia di partecipanti.

Tre immense sedi sotto il cielo livido della centroeuropea Basilea

Un sontuoso e freddo abbraccio alla medicina generale con allestimento di stampo fieristico, caratterizzato da innumerevoli stand (aule) e altrettante sessioni parallele nei diversi edifici ove "sorseggiare" il numero incalcolabile di relazioni provenienti da ogni parte del mondo. Infiniti e ricchi di informazioni scientifiche i poster da leggere: impossibile guardarli tutti. Una concentrazione estrema che ha purtroppo rubato la giusta attenzione e considerazione che ciascun autore avrebbe meritato.

Forse è sconveniente il paragone con il suggestivo WONCA 2006, tenutosi a Firenze, nella culla della cultura umanistica, ove la Fortezza da Basso rappresentò squisitamente il ponte fra scienza e umanità gettato dal congresso. Non in egual modo le strutture principali che hanno ospitato WONCA 2009, di aspetto architettonico futuristico regolare e ordinato, hanno ritratto il fascino della complessità, che, per natura, sottintende concetti non lineari. Proprio l'etimologia del termine rimanda all'intreccio di più parti collegate fra loro e dipendenti l'una dall'altra, così come quella di "complicato" rimanda a "piegare insieme": un problema complicato contiene un gran numero di parti nascoste, che vanno scoperte una a una.

La teoria della complessità ammonisce circa l'insufficienza dell'approccio analitico lineare in medicina (soprattutto nell'ambito delle cure primarie) e suggerisce un approccio olistico. Un sistema complesso, cioé, non può essere compreso mediante il solo esame delle sue componenti, ma richiede la comprensione l'interazione tra esse e una visione d'insieme.

A Basilea, la complessità si è manifestata in molti modi: complessa la ricerca dell'alloggio già a tre mesi dall'evento, complessa il viaggio per arrivare, con rallentamenti e code nel traforo del San Gottardo, complessa l'iscrizione e la registrazione in sede congressuale, complesso l'accesso alle strutture, controllate costantemente da poliziotte svizzere in divisa, a caccia di badge irregolari, complessa l'organizzazione nelle diverse aule delle sessioni parallele, che ha costretto a continue corse fra un edificio e l'altro; complesso, infine, decidere cosa scegliere di valido dall'ampio programma.

E' stata, in compenso, molto semplice la comunicazione con i relatori stranieri, sempre ben disposti al dialogo, caratteristica che purtroppo non contraddistingue gli specialisti nostrani nei congressi nazionali.

Tra gli argomenti trattati, oltre alla complessità nell'attività clinica del medico di famiglia, c'era l'insegnamento universitario della medicina generale, in cui l'Italia è risultata (tra l'amarezza e la frustrazione dei pochi italiani presenti) fanalino di coda tra i paesi del mondo partecipanti al congresso.

Abbondavano le relazioni sull'utilità delle linee guida in medicina generale (e sui risultati controversi nella prevenzione e gestione del diabete e delle malattie cardiovascolari) e quelle sulla strutturazione degli ambulatori e dell'accesso degli utenti, strettamente legati all'organizzazione del sistema sanitario dei vari paesi, Per esempio, in Spagna e in Italia i colleghi sono impegnati nello sforzo di individuare sempre nuovi espedienti per limitare gli accessi impropri in ambulatorio da parte di utenti con pretese urgenze; questa necessità sembra, invece, assente nei paesi dove l'accesso in ambulatorio viene pagato dal paziente.

Una relazione che ha suscitato molta discussione e sorpresa è stata la presentazione del collega Andrea Mangiagalli sulle risposte dei pazienti di cinque medici di medicina generale, prima singoli, poi associati, al questionario EUROPEP (versione italiana validata) che valuta il gradimento di diversi aspetti della medicina del territorio e, in particolare, della medicina di gruppo. L'analisi delle risposte ha evidenziato lo scarso gradimento della medicina di gruppo da parte dei pazienti e quindi la necessità di un cambiamento culturale degli utenti: l'identificazione del medico come referente singolo e personale è, infatti, ancora saldamente radicata nella cultura italiana, mentre, al di là delle Alpi, la figura del medico europeo sembra più astratta e commerciale (un po' come è apparso ai colleghi italiani tutto il congresso).

Nell'ambito più squisitamente clinico va segnalata, fra le Special Lectures, la relazione dal titolo "Prophylactic HPV vaccine: why or why not" del ginecologo svizzero Stefan Gerber, esperto di immunologia ostetrica e del tratto genito-urinario, nonché collaboratore del gruppo di ricerca sulla profilassi anti HPV. Il ricercatore ritiene il vaccino anti HPV utile se integrato a un appropriato screening con pap test, considerando l'effetto sulla riduzione delle lesioni displasiche e la durata prevista dell'immunità indotta dal vaccino, di 9 anni. Il Stefan Gerber ha voluto inoltre ribadire che le pazienti vanno informate del fatto che l'infezione da HPV è condizione necessaria ma non sufficiente dello sviluppo di lesioni tumorali, per il quale esistono altri fattori favorenti.

Pregevole, per chi ama scrivere, è stata la relazione dell'australiano Hilton Koppe Beyond the medical record- creative writing for doctors, e molto utile la relazione dell'americano Rick Botelho* Motivate healthy habits: helping yourself and your patients change (vai al sito). Il collega, chairman del WONCA SPI (Special Interest Group) in Health Behavior Change ha guidato i partecipanti al workshop in un percorso cognitivo emozionale verso l'obiettivo di salute che ciascuno avrebbe voluto raggiungere, analizzando i singoli passi per cercare gli appigli per scalare la metaforica montagna.

La montagna personale di chi scrive è la disassuefazione dal fumo e la scalata era già iniziata mesi fa con risultati parziali (riduzione del numero delle sigarette). La relazione ha permesso di individuare alcuni appigli motivazionali come il miglioramento della performance sportiva e quindi l'idea di praticare uno sport (nuoto), il miglioramento dell'aspetto della cute, una minore stanchezza, l'addio alle crisi di astinenza da nicotina durante il lavoro, eccetera.

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