Quando l'indizio è solo il dolore addominale, non vi sono esami strumentali o di laboratorio che diano la certezza. Si tratta di escludere disturbi più benigni o che non richiedono il chirurgo: se ciò non è possibile, non resta che ricorrere all'intervento Bibliografia
L'appendicite è una malattia frequente (più di 100 casi ogni 100.000 abitanti) e, dopo l'ernia, è la causa più comune di dolore addominale acuto e di intervento chirurgico addominale.
La presentazione classica è nota: un dolore epi o mesogastrico che migra dopo alcune ore alla fossa iliaca destra; anoressia, nausea e vomito seguono l'inizio dei sintomi. L'anoressia è talmente frequente che, si dice, in sua assenza si deve dubitare della diagnosi di appendicite. E' comune una febbre moderata (37,5-38,5 °C); la febbre alta è più rara, a meno che non ci sia stata una perforazione.
La visita può rivelare una dolorabilità nei quadranti addominali inferiori destri con difesa muscolare e segno di Blumberg. Il dolore evocato è pressoché sempre presente e può associarsi al segno dell'ileopsoas (dolore alla flessione della coscia destra contro resistenza) e a sintomi urinari (pollachiuria, disuria) in caso di appendici adiacenti alla vescica.
Le indagini di laboratorio possono mostrare leucocitosi neutrofila (10-18.000/mm3), aumento delle amilasi e presenza di eritrociti o leucociti nelle urine se l'appendice è a stretto contatto con la vescica.
Fin qui la teoria. In pratica, però, la sintomatologia classica è presente in meno del 50 per cento dei casi e la diagnosi può essere ritardata o celata da diversi fattori. Il primo di questi è la sede anatomica: le appendici retroperitoneali, retrocecali o pelviche spesso danno pochi sintomi spesso atipici. Inoltre conta l'età di insorgenza: nei bambini e negli anziani è frequente una sintomatologia atipica come diarrea, disuria, sintomi di infezioni respiratorie, assenza di dolore nei quadranti destri dell'addome. Precedenti episodi di dolore addominale o gastroenteriti virali, e l'attenuazione dei sintomi da parte di malattie croniche come il diabete mellito, sono a loro volta fonte di confusione.
Per la diagnosi di appendicite è determinante il sospetto clinico e, al momento, non sono disponibili esami di laboratorio o strumentali che permettano una certezza preoperatoria. Sono in via di valutazione tecniche d'avanguardia, come la TC appendicolare elicoidale a sezioni sottili.
Nel caso descritto sembrano evidenti, retrospettivamente, tutti gli elementi essenziali per sospettare un'appendicite, eppure il paziente è stato visto da quattro medici prima che venisse considerata.
Una serie di circostanze possono aver contribuito a questo ritardo diagnostico. Una di queste è la tipologia del paziente: non era certo la prima volta che lamentava dolori addominali, e nel passato recente aveva eseguito diversi esami per accertarne le cause. Questo fatto può aver indotto il chirurgo che lo ha visto per primo a considerare il caso come un'ennesima riacutizzazione di una sintomatologia addominale aspecifica in un soggetto ipocondriaco e ansioso. Il curante da parte sua, falsamente rassicurato dalla visita chirurgica, ha attribuito, erroneamente, un valore diagnostico assoluto ai sintomi urinari e all'ematuria, trascurando altri segni utili. L'ematuria, può essere presente nel 25 per cento dei casi di appendicite acuta e, in questo caso, si doveva dare maggiore importanza al dolore alla coscia destra (segno dell'ileopsoas).
L'appendicite è un disturbo che può simulare tutte le altre cause di dolore addominale. Pertanto va sempre sospettata, tanto più se si tratta di bambini o anziani in cui decorre più spesso in modo atipico.
PRINCIPI DA RITENERE |
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